La Policitemia Vera (PV) fa parte delle neoplasia myeloproliferative corniche (MPN) bcr/abl negative ed è caratterizzata clinicamente, dall’incremento assoluto della massa eritrocitaria, spesso con leucocitosi, trombocitosi e splenomegalia; istologicamente, da un Quadro di panmielosi con iperplasia eritroide, granulocitaria e megacariocitaria; biologicamente, dall’indipendenza dell’iperplasia eritroide dal fisiologico fattore di crescita, eritropoietina (EPO); geneticamente, dalla mutazione V617F (95% dei casi) o da mutazioni rare localizzate nell’esone 12 del gene di JAK2.
L’incidenza della PV è stimata fra 2,3 e 2,8 per 100.000 persone all’anno, con un rapport maschi/femmine di circa 1,2:1. L’età mediana alla diagnosi è 60 anni e la malattia è rara al di sotto dei 40 anni (circa 5% dei casi). L’organizzazione mondiale della sanità (WHO) ha pubblicato nel 2016 la revision della classificazione del 2008 di PV. La scoperta della mutazione JAK2V617F nel 2005 ha rivoluzionato la comprensione dei meccanismi molecolari alla base della PV. Anche se la PV può rimanere clinicamente silente per anni, la maggior parte dei pazienti presentano sintomi costituzionali.
Le complicazioni cardiovascolari (CV) sono la causa principale di morbilità e mortalità. Oltre agli eventi CV maggiori arteriosa e venosi, è possible osservare sia alla diagnosi che nel follow-up, trombosi in sedi non usuali quali trombosi epatiche (Budd-Chiari), portal e mesenteriche, ipertensione polmonare e, come descritto in maniera caratteristica per queste malattie, episodi di occlusion microvascolare con eritromelalgia (gonfiore, arrossamento e dolore urente delle dita di mani e piedi), cefalea, e disturbi visivi. Il prurito, tipicamente acqua-genico, è un sintomo frequente e spesso assai disturbante. La patogenesi è poco nota ma è stato riportato che la mutazione V617F di JAK2 può indurre una attivazione costitutiva ed una ipersensibilità alle cellule basofile circolanti e tissutali.
Il trattamento si basa su antistaminici sintomatici, basse dosi di corticosteroidi, antidepressivi o fotochemioterapia con psoralene e raggi UVA, tutti generalmente poco efficaci. L’interferonealfa, e in particolare nuove terapie con inibitori di JAK2 o dell’istone deacetilasi, si sono dimostrate utili nel controllare questo sintomo. La scelta terapeutica deve basarsi sia sulla identificazione e prevenzione del rischio CV del singolo paziente che dell’evoluzione in mielofibrosi e leucemia acuta. Le due variabili che influenzavano il rischio di trombosi erano l’età e la storia di complicazioni CV.
Gli esperti raccomandano che I pazienti con PV debbano essere stratificati in due categorie di rischio CV: il basso rischio riguarda I pazienti di età inferior ai 60 anni che non hanno presentato sintomi CV maggiori e l’alto rischio riguarda I pazienti più anzianio quelli con storia pregressa di eventi CV. Attualmente la percentuale dei pazienti che sviluppano dopo la diagnosi complicazioni CV è dimezzata rispetto al passato; è probabile che tale riduzione sia da ascrivere a una più precoce diagnosi, una migliore gestione dei fattori di rischio CV, l’utilizzo di aspirina e l’osservazione più accurate della soglia terapeutica dell’ematocrito con salassi e chemioterapia. Le attuali raccomandazioni nella PV sono dirette ad utilizzare strategie di cura intese a ridurre il rischio CV senza aumentare la loro naturale propensione di evoluzione in mielofibrosi e leucemia.
Alla luce di quanto sopra, è stato costituito un Gruppo di Miglioramento, che si configura come un Gruppo di pari, I cui membri operano congiuntamente per definire come poter identificare precocemente il paziente con PV ad alto rischio e/o che non stia traendo benefici dalla terapia in corso. Dopo aver condiviso, nella fase precedente, le diverse esperienze di pratica clinica, gli esperti si ritrovano nuovamente per discutere gli aspetti aggiuntivi che caratterizzano la gestione del paziente con PV con focus sulla gestione di eventi concomitanti, dell’impatto di ulteriori fattori di rischio, e sulla definizione egestione ottimale del paziente resistente ed intollerante.