L’emergenza coronavirus, che sta mostrando tutti i limiti della sanità tradizionale, non potrà che indurre una chiara scelta verso il digitale e una regia nazionale per costruire un sistema predittivo, partecipativo, personalizzato e preventivo.
Per la Sanità italiana esiste ormai un «prima» e un «dopo» il Covid-19: se fino ad oggi, pur nella consapevolezza che il digitale fosse un autentico “salvavita” per il sistema, erano le iniziative dei singoli (operatori o istituti) a contaminare il modello assistenziale tradizionale, da domani, finita l’emergenza, sarà impossibile non ripensare il modello strutturalmente ed a mente fredda. Per questo serve fin da ora una strategia digitale per la Sanità post Covid-19. Questo accadrà, oltre che in ambito formativo soprattutto concretamente per ciò che riguarda l’assistenza. Anche in ambito HF ci si aspetta che il sistema muti. Ma quale sarà l’impronta lasciata da COVID 19? Come si modificherà il sistema? Il paziente ne gioverà in qualche modo?
Resta di fatto che la prevalenza di scompenso cardiaco è in forte aumento; alla base di questo fenomeno vi è probabilmente sia l’incremento della durata media della vita sia l’aumentata sopravvivenza dopo un evento coronarico acuto. Lo Scompenso Cardiaco (SC) o Insufficienza Cardiaca (IC) è una sindrome clinica complessa, definita come l'incapacità del cuore di fornire il sangue in quantità adeguata rispetto all'effettiva richiesta dell'organismo o la capacità di soddisfare tale richiesta solamente a pressioni di riempimento ventricolari superiori alla norma.
Il paziente con scompenso cardiaco rappresenta una criticità per il nostro Servizio Sanitario perché i pazienti con età > di 65 anni,sono soggetti ad un elevato numero dei ricoveri per questa patologia. Molti di questi ricoveri sono generati dalla difficoltà dei setting territoriali di assistenza nell’affrontare in modo appropriato le sfide che questa patologia propone. Le principali criticità esistenti in tal senso coinvolgono, in realtà, sia il setting assistenziale Territoriale, nell’ambito del quale le cure primarie occupano un ruolo preminente sia quello ospedaliero. Il loro superamento è perseguibile da un lato migliorando le competenze professionali e potenziando la formazione implementando il processo di integrazione ospedale –territorio. Sembra inoltre emergere dalla comunità scientifica che l’approccio di “Heart Failure Care” da parte dei clinici si dovrebbe orientare verso una maggiore attenzione al concetto che la stabilità dei sintomi di insufficienza cardiaca non è un indicatore di stabilità di malattia. Questa misperception per esempio riguardo la presunta stabilità della classe NYHA 2 porta a sottovalutare il rischio cardiovascolare sempre presente nella condizione di malattia. La “stabilità del sintomo” frequentemente induce i medici a non apportare modifiche alla strategia terapeutica della patologia, portando a volte ad interventi di ottimizzazione della terapia solo in fasi troppo avanzate di malattia, con scarsi effetti sul possibile miglioramento degli outcome stessi di malattia. E’ In questa ottica che il lavoro di team tra Mmg e specialista ospedaliero/territoriale diviene indispensabile per garantire una più corretta assistenza al paziente HF.