Passata l’emergenza coronavirus, che sta mostrando tutti i limiti della sanità tradizionale, non potrà mancare una chiara scelta verso il digitale e una regia nazionale per costruire un sistema predittivo, partecipativo, personalizzato e preventivo. Per la Sanità italiana esisterà un «prima e un dopo» COVID 19.
Nel clima di allarme generale instauratosi in tutto il globo, a circolare altrettanto rapidamente del COVID 19 sono state la disinformazione e la confusione in merito alla reale pericolosità di questo nuovo agente virale. Specialmente per quel che riguarda le malattie rare. Per inquadrare meglio la situazione occorre dunque fare ordine e partire da che cos’è questo nuovo virus e dalle sue caratteristiche e da come questo si interfaccia con le patologie respiratorie preesistenti come la Fibrosi Polmonare Idiopatica ( IPF).
Le Polmoniti Interstiziali Idiopatiche sono un gruppo eterogeneo di affezioni polmonari incluse nella più ampia famiglia delle Malattie Polmonari Interstiziali Diffuse ILD, che comprende più di 200 diverse pneumopatie. Tra queste, la Fibrosi Polmonare Idiopatica ( IPF) è definita come una forma specifica di polmonite interstiziale fibrosante ad eziologia sconosciuta, con andamento cronico e progressivo. L’IPF può essere sospettata sulla base dei sintomi, dei segni clinici e dei reperti radiologici. I successivi passaggi del percorso diagnostico di IPF includono una valutazione clinica più approfondita, una HRCT e, in alcuni casi, un approccio di tipo chirurgico (VATS o biopsia chirurgica).La diagnosi di IPF richiede un’accurata integrazione degli elementi clinici, radiologici, anatomo patologici e anche psicologici che saranno analizzati da un team multidisciplinare.
A tal proposito, un team multidisciplinare efficiente dovrebbe prevedere la presenza di operatori sanitari collaboranti sia nella comunicazione che nella relazione operatore sanitario-paziente visto che questa costituisce un veicolo di aiuto soprattutto nell’ambiente in cui si diagnosticano malattie serie come le IPF.